Sono ormai tre anni che il Ristorante Berton, guidato da Andrea Berton ha preso residenza in via Mike Bongiorno, sotto il CAP 20100 che ancora oggi accomuna gran parte della generazione Marchesi.
Una patria elettiva per lo chef friulano, che a Milano è arrivato prestissimo, nella leggendaria brigata di via Bonvesin de la Riva, dove Gualtiero Marchesi gettava le fondamenta della cucina italiana a venire. E che a Milano ha fatto ritorno dopo strategiche esperienze a Londra da Mosimann’s, Firenze presso l’Enoteca Pinchiorri, Monte Carlo al fianco di Alain Ducasse e Monte Albano in veste di chef, per inaugurare la felice stagione creativa del Trussardi alla Scala, durata ben 7 anni e ricchissima di soddisfazioni.
Qui è per la prima volta patron (oltre che socio di due locali cittadini, Pisacco e Dry, e chef del Berton al lago di Torno), autore a 360 gradi di un ristorante che sa interpretare come pochi la rinascita cittadina grazie a un mix di modernità, design e dinamismo.
Sotto il soffitto a origami, fra le vele in pergamena che schermano la luce dalle vetrate, si alternano superfici in legno e ottone bucate dal pilone rough di cemento, totem metropolitano. Ed è bellissima anche la cucina fiammante, dove poggia il tavolo dello chef, riservato a menu speciali.
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La carta del Berton
La carta è altrettanto contemporanea, nella sua evoluzione a ritmi accelerati. Vi si leggono le influenze dei due maestri: Marchesi nella primazia della materia, anatomizzata con il bisturi di tecnica e pensiero, al centro di composizioni pulite e minimaliste; Alain Ducasse nei retaggi classicisti e nel bagaglio tecnico superbamente equipaggiato. Perché questa è una delle cucine più colte d’Italia. Ed è proprio dal grande francese, non senza qualche influenza orientale, che arriva il know-how alla base del menu Brodi, da sempre l’opzione privilegiata per chi siede alle tavole del ristorante Berton.
Elenca una decina di proposte, di cui è protagonista di volta in volta una diversa liquidità, capace di offrire, nelle parole dello chef, “la massima sintesi dell’ingrediente”, trattato classicamente con una cascata di ghiaccio, la chiarificazione mediante albume oppure corallo. Per scongiurare ogni rischio di monotonia, le temperature del liquido sono diverse, come pure la funzione nel piatto e la modalità di fruizione dal cucchiaio o dal bicchiere. Può derivare dall’ingrediente principale oppure porsi in contrasto, ma in ogni caso assicura la coerenza e la continuità del pasto.
È il caso del delizioso Brodo di granciporro con la sua polpa e una brunoise di verdure mai così minuta, piatto di classicità esemplare, spiazzato dalla nevicata vegetale che titilla la bocca. Perché il coltello è l’utensile favorito dello chef. Oppure, a fine pasto, del Brodo di cacao con sandwich di latte, kumquat e sesamo nero, che inverte ludicamente le consistenze. Italianissimi brodi, si badi bene, e non consommé, nella cui coltura proliferano dettagli imprevedibili e preziosi. Ma lo stile non cambia nel secondo degustazione, altrettanto elegante e focalizzato sulla materia; vedi il conchiglione ripieno di purea di achillea con sugo di vitello, zenzero e rafano.
La sala
La sala è dinamica come la cucina, grazie a un’équipe giovanissima, capitanata dal maître Lorenzo Sica e dal sommelier Luca Enzo Bertè, la cui carta dei vini conta 350 etichette, sottoposte a rotazione anche per seguire la stagionalità.
Fotografie di Felice Scoccimarro e Canio Romaniello
Ristorante Berton
Via Mike Bongiorno 13 – 20124 Milano (MI)
All’interno del nuovo complesso Porta Nuova Varesine
Tel. +39 02 67075801
Mail: [email protected]
http://www.ristoranteberton.com/
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