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Fais, Camedda, Marongiu: la nuova cucina sarda che piace

Ingredienti sardi e sprint contemporaneo per una cucina giovane, che si colloca subito dietro i grandi: così cambia la fisionomia di una regione che sembrava immobile.

È stata e resta un’isola, la cucina sarda, indipendente e distaccata dalle correnti continentali. Ma è sempre più fitto il calendario dei collegamenti a quanto si muove altrove. Cosicché oltre ai soliti noti, il patriarca della cucina sarda Roberto Petza, il giovane fuoriclasse Stefano Deidda, è nata una nuova cucina sarda in cui comincia a farsi largo qualche nome nuovo.

Ristorante Somu – San Vero Milis (OR)

Per esempio, quello di Salvatore Camedda, giovane chef passato per la scuola di Giuliano Baldessari, già sous chef di Massimiliano Alajmo, ad Aqua Crua. Il quale tornato sull’isola ha inaugurato il suo Somu in un minuscolo paesino dell’entroterra, San Vero Milis. Vi appronta una cucina elegante e contemporanea, ottimamente supportata dal sommelier Francesco Tuveri, fuoriclasse che custodiva le chiavi della cantina di Casa Puddu. I suoi abbinamenti territoriali, magari con la Vernaccia di Oristano, sono un must da non mancare.

Salvatore Camedda ristorante Somu nuova cucina sarda
Fotografia di Niko Boi
piatto salvatore camedda ristorante somu nuova cucina sarda
Fotografia di Niko Boi

Ristorante Hub – Macomer (NU)

C’è poi Leonardo Marongiu, vecchia conoscenza dei gourmet, rimbalzato dall’Emilia al Friuli. Un grande professionista, tanto tecnico quanto connaisseur di materie prime, che propone una cucina regionale italiana dal punto di vista sardo, anche in questo caso lontano da location sfavillanti: opera infatti a Macomer, in un ristorante denominato Hub, per evocare transiti, coincidenze, sincronicità. Ma il mare non è lontano e ruggisce forte in carta: per esempio nel brodo di tracina con zichi di Bonorva, ibrido di pasta e pane dalla testura inconfondibile.

Leonardo Marongiu ristorante hub nuova cucina sarda
Fotografia di Simone Sechi
zichi di bonorva ristorante hub nuova cucina sarda
Fotografia di Simone Sechi

Ristorante Josto – Cagliari

C’è infine Pierluigi Fais, trentacinquenne nato a Nuoro, il cui talento imprenditoriale eguaglia quello ai fornelli. Figlio di un manager della ristorazione e del turismo, ha studiato Economia e Commercio fin quasi alla laurea, prima di scegliere la cucina. L’ha incocciata a Oristano, in quel vicolo Josto (dal nome del comandante sardo che fronteggiò i Romani, come narrato da Tito Livio) che ha battezzato tutti i suoi ristoranti. Prima Josto al vicolo (anche nel senso di io-sto), poi Josto al Duomo, sempre a Oristano. Fino al locale aperto un anno fa a Cagliari, più che mai capoluogo gastronomico grazie a una clientela dinamica ed evoluta. Ma già da un po’ sfornava pizze Framento, fortunata pizzeria situata a pochi passi, che traccia una via sarda al cibo del momento.

Pierluigi Fais ristorante josto nuova cucina sarda
Fotografia di Niko Boi
piatto pierluigi fais nuova cucina sarda
Fotografia di Niko Boi

Le salette di Josto sono due e ben distinte: una rough e post-industriale; l’altra più elegante. Nella cucina a vista si affaccendano Fais e il suo alter ego Matteo Russo, secondo fin dal primo servizio. Sono entrambi totalmente autodidatti: nessuno stage, nessun affiancamento di celebrity chef, solo qualche corso di pochi giorni e un bel gruzzoletto speso per mangiare dai migliori. Eppure (o forse proprio per questo) il risultato è sorprendente: la cucina è materica e diretta, ma anche ludica e golosa. 100% sarda, originale e democratica. Sono di prossimità gli ingredienti (la strepitosa bottarga di Cabras, esaltata da uno spaghetto puristico, lubrificato dall’emulsione all’acqua che fiancheggia la grattugiata; gli agnelli e le pecore utilizzati interi oltre ovviamente al pesce) e in gran parte i vini, spesso naturali, quasi sempre di piccole cantine. Soprattutto sono geolocalizzati i profumi caldi e selvaggi dei piatti.

interni ristorante josto nuova cucina sarda
Fotografia di Niko Boi

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