Per l’Italia è un record quello del ristorante San Domenico: ben 40 anni di doppia stella Michelin, brevemente interrotti durante l’avventura americana del ristorante, fra i primi ad aprire uno spin-off all’estero. Tanto da indurre la guida rossa e conferire a Valentino e Natale Marcattilii, chef e maître del ristorante fin dalla sua fondazione, il premio “Qualità nel tempo” qualche mese fa.
Tutto è iniziato nel 1970 dalla visione di Gianluigi Morini, cinefilo e ragioniere, raffinato gourmet per vocazione, intenzionato a riprodurre a beneficio di tutti gli incantesimi da fata morgana delle ricche tavole borghesi. Quindi un’atmosfera unica, fasciata nelle tappezzerie preraffaellite originali firmate William Morris, con una mise-en-place di gran classe, candelabri d’argento e tovagliati di Fiandra.
Soprattutto, su suggerimento di Luigi Veronelli, la grande cucina di Nino Bergese, già cuoco di casate nobiliari e magnati dell’industria, insignito della doppia stella Michelin alla Santa di Genova.
La segnalazione del nuovo ristorante in guida è datata 1973, seguita dal primo e dal secondo macaron, a distanza di due anni ciascuno.
Ricette storiche appena rivisitate
Aveva appena 16 anni, Valentino Marcattilii, quando iniziò ad appuntarsi le ricette del Maestro, di casa a Imola per 7 anni, fino alla morte. Alcune sono tuttora in carta, appena alleggerite e agilizzate tecnicamente. Ma sul suo curriculum figurano altri sancta sanctorum: l’Auberge de l’Ill, la Maison Troisgros, la Pyramide di Madame Point, il Moulin de Mougins di Roger Vergé. Al suo fianco ci sono il fratello Natale, guida della sala, e il nipote Massimiliano Mascia, da qualche anno coautore della cucina. Un giovane chef senza troppi grilli per la testa, sicuro del fatto suo grazie alle esperienze compiute da Vissani a Baschi e Romano a Viareggio, soprattutto al Plaza Athénée di Alain Ducasse; capace anche di innovare sotto il profilo manageriale.
Ed è in silenzio e in punta di piedi, che si entra ancora oggi in un ristorante che ha mantenuto inalterata la sua cifra, incurante delle mode del momento. Attuale più che mai, oggi che il classico è oggetto di un ritorno struggente.
Non si può mancare l’uovo in raviolo, destrutturazione ante litteram di una tradizionale pasta ripiena, con dentro il tuorlo intero, crudo e cremoso, pronto all’abbraccio con il tartufo nell’inversione di farcia e salsa: è l’icona del ristorante, praticamente immutata dai taccuini di Bergese ai giorni nostri.
E neppure il filetto alla Rossini, filologico con la scaloppa di foie gras e la salsa al Madeira. Ma ci sono anche ricette più fresche e mediterranee, spesso di pesce, nelle quali trova sfogo la giovinezza di Mascia, vedi il trancio di rombo chiodato con asparagi cotti, crudi e vongole o il riso mantecato al pesto con capasanta alla plancha, pomodori confit e burrata.
E il bicchiere non piange: la carta dei vini conta 1200 etichette, con tanti blasoni e una rarissima profondità in verticale, grazie alla lungimiranza di Morini.
Ristorante San Domenico
Via G. Sacchi – 40026 Imola (BO)
Tel: +39 0542 29000
Mail: [email protected]
http://www.sandomenico.it/
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