Si chiama “Nostrano” il nuovo ristorante di Stefano Ciotti. E non potrebbe essere altrimenti per uno chef capace di interpretare come pochi il territorio di cui è figlio, professionalmente e all’anagrafe.
Cresciuto nel Riminese con il naso per aria a caccia di profumi ancestrali e folgorato da un amico già instradato nella professione, dopo l’alberghiero di Riccione è subito finito alla corte di Gino Angelini, patriarca di una generazione di talenti che hanno scritto la storia sulla sabbia dell’Adriatico.
“Mi ha trasmesso soprattutto la capacità di leggere le situazioni e lo spirito di adattamento”, ricorda lo chef. Poi è stata la volta di Vincenzo Cammerucci, “il Marchesi di Romagna, grande maestro di tecnica”, e di Luigi Sartini, discepolo anch’egli del grande milanese, per ben 5 anni. Ma decisivo è stato anche il passaggio al Don Alfonso della famiglia Iaccarino, in veste di capo partita ai primi e ai secondi. “Il luogo dove ho capito cosa significa rendere giustizia alla materia prima”.
Dopo la gavetta i primi successi
Un pedigree tutto nostrano, viatico per il ruolo di chef in una struttura di prestigio: dal 2004 al 2012 Ciotti è chef del Vicolo Santa Lucia dell’hotel Carducci 76 di Cattolica, dove guadagna la sua prima stella Michelin con una cucina elegante e personale, lasciando non pochi rimpianti. Dopo una parentesi a Urbino dei Laghi, locale trasversale con ottime pizze gourmet, sul lungomare di Pesaro, a pochi passi dalla Sfera grande di Arnaldo Pomodoro, dal 2016 è di nuovo gastronomico puro, per quanto in un contesto informale. Una scelta coraggiosa, subito premiata dalla Rossa.
Come mangiare nei ristoranti stellati a prezzi scontati
Tutto “Nostrano”
Nostrano è l’interior design firmato da Marco Morosini, creativo e creatore di qualsiasi cosa, il quale si è avvalso di maestranze locali per concretizzare i suoi schizzi, un fabbro di Monteciccardo come un falegname di Città di Castello. E nostrane sono ovviamente le materie prime, dal pesce scelto personalmente al porto, con un occhio di riguardo per la stagionalità, al fine di calmierare i pezzi, alle verdure; come pure l’agile carta dei vini. E i prezzi sono particolarmente amichevoli, con 4 menu degustazione che partono da 40 euro; ma a pranzo c’è anche una formula non scritta che ne costa 30.
Nostrane sono soprattutto evocazioni e ispirazioni adriatiche, vedi il calamaro cotto sul testo della piadina e condito col pane aromatizzato, come una comune grigliata, più Parmigiano, tartufo nero, pera e yogurt; la tartare di branzino al vapore con finocchietto, mandarino e caviale, sulla falsariga di un pesce in porchetta; la squisita frittatina agli spinaci in forma di royale con pomodorini alla vaniglia e Chartreuse, che rovescia la rusticità in rarefatta eleganza. In sala con Giorgia Stocchi, manager della struttura, serve il direttore Alberto Consolini.
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