Confermate, per il 2017, le tre stelle agli otto Chef della passata stagione. Dimostrazione, questa, che, se nell’universo dei monostellati c’è un turnover più o meno congenito, nell’empireo dei ristoranti tre stelle Michelin le cose vanno diversamente. Forse perché le qualità necessarie ad arrivare in cima sono le stesse che consentono, poi, di rimanerci in vetta.
Non si eccelle per caso. Il successo è sempre naturale conseguenza di talento, duro lavoro e doti innate difficilmente sondabili. Si emerge per gradi, in effetti, e non è mai grazie ad eventi fortuiti. Oltre a se stesso, lo Chef deve badare a tante variabili. Elementi che, sommati gli uni agli altri, concorrono alla buona riuscita del progetto imprenditoriale. Saper scegliere la squadra, ad esempio, è conditio sine qua non. Al pari di un pilota, lo Chef deve fidarsi dei suoi colleghi. Lui è insieme conducente e ingegnere progettista; la sua brigata, invece, è la squadra dei meccanici. Alla fine, ogni piatto di uno Chef gourmet è come un prototipo di Formula 1. È il prodotto di infinite sperimentazioni. Un congegno che deve spingere al massimo, rischiare grosso ma restare in qualche modo funzionale.
L’improvvisazione è concessa ‒ anzi, è necessaria in fase di concepimento ‒ ma deve poggiare su una base di conoscenze tecniche indiscutibile. Il guizzo, il lampo di genio deve manifestarsi per arrivare a qualcosa di grande, ma deve partire sempre e comunque da convinzioni ontologiche. Dovremmo guardare questi Chef come fossero artisti, essere orgogliosi del loro lavoro come andiamo fieri di una Ferrari o di un vestito Armani. Dovremmo riconoscere, una volta per tutte, che sono parte integrante della vera eccellenza italiana.
Ecco, in pillole, i ristoranti tre stelle Michelin per l’anno 2017.
“Piazza Duomo” ad Alba, in provincia di Cuneo
Il ristorante è in Piazza Risorgimento, civico numero 4, all’angolo con Vicolo dell’Arco. Undici tavoli e una sala (quella rosa) affrescata con gusto dall’artista Francesco Clemente. Colori tenui che rimandano al paesaggio delle Langhe piemontesi, come ai sapori di quella terra si ispira la cucina dello Chef Enrico Crippa. Brianzolo, classe ’71, lo Chef ‒ con trascorsi importanti in Francia e Giappone ‒ arriva ad Alba nel 2005. L’anno dopo conquista la prima stella Michelin. Nel 2009, arriva la seconda. Nel 2012, infine, la terza che consacra lo Chef nell’Olimpo dell’alta ristorazione.
Le esperienze all’estero sono visibili nel suo lavoro costantemente teso alla ricerca di una cucina contemporanea, leggera e bella da vedere. Le materie prime sono rigorosamente locali. La loro storia influenza il piatto senza indirizzarlo coercitivamente. C’è un momento nel processo creativo in cui lo Chef si distacca dalla tradizione e segue la sua personale idea di cucina. La cantina è sempre in divenire. Segue la stagionalità dei menu e affianca la cucina dello Chef in un’accezione che va oltre il semplice abbinamento dei piatti. Un’esperienza sensoriale unica, da provare assolutamente.
“Da Vittorio” a Brusaporto, in provincia di Bergamo
In via Cantalupa, numero 17, ogni giorno (escluso il mercoledì a pranzo) apre le porte al pubblico il ristorante “Da Vittorio”. Una classica attività a conduzione familiare che, negli anni, ha raggiunto punte d’eccellenza unanimemente riconosciute. Al comando della cucina, due Chef, fratelli di sangue e di brigata. Enrico Cerea, il primogenito, è sorretto da un’infinita curiosità. Dote che gli permette di sperimentare in cucina a partire dagli insegnamenti del padre Vittorio. Ha acquisito uno stile personalissimo che si fonda su un’innata sensibilità e sul mestiere nella cura delle materie prime. Al suo fianco, Roberto Cerea detto Chicco. La sua passione per i primi piatti gli ha permesso di sviluppare un particolare talento percettivo. Le sue ricette sono suadenti e golose e si richiamano alla più alta tradizione della cucina mediterranea.
Il concetto di “tradizione lombarda e genio creativo” rappresenta la filosofia cui si ispirano tutte le creazioni dei fratelli Cerea. I menu sono aggiornati e rivoluzionati insieme al divenire delle stagioni. Libertà negli accostamenti, ricercati tocchi di colore e vivacità dei sapori creano contrasti che sublimano in un crescendo di armonia dei gusti. Sosta irrinunciabile per gli amanti dell’alta cucina italiana.
“Dal pescatore” a Canneto sull’Oglio, in provincia di Mantova
Per godere dei loro servigi bisogna arrivare in località Runate, numero 15. A scanso di equivoci, il ristorante possiede una comoda pista d’atterraggio per elicotteri, quindi i ritrosi hanno davvero alcuna scusa. Il ristorante vanta una storia quasi secolare. Fondato nel 1925, il locale si trova nella riserva naturale del Parco dell’Oglio Sud, in un villaggio di circa 36 abitanti. La location è un’elegante casa di campagna, riadattata nel corso degli anni, completamente circondata da verdeggianti giardini. In estate, il servizio viene effettuato all’aperto, nella veranda adiacente la struttura portante. Un valore aggiunto, questo, che permette di trascorrere momenti di serenità e piacere a contatto con la natura.
La cucina è retta da Nadia e Antonio Santini. I due Chef sono partiti dalla tradizione di famiglia per ideare la loro filosofia gastronomica. Nel corso del tempo, grazie a varie esperienze lavorative, le loro convinzioni di sono parzialmente modificate fino a raggiungere l’attuale equilibro tra tradizione e innovazione che sta riscuotendo consensi da tutto il mondo. I menu, manco a dirlo, seguono la stagionalità delle materie prime. Particolare attenzione viene affidata al cibo dal punto di vista dietetico. La cucina tradizionale, dunque, si adatta ai nuovi sistemi nutrizionali che incidono sulle ricette in modo sottile ma deciso, senza snaturarle. I Santini sono degli equilibristi del sapore e la loro scuola va sicuramente sperimentata.
“Le Calandre” a Rubano, in provincia di Padova
Nel 1981, in via Liguria numero 1, Erminio Alajmo e Rita Chimetto aprono il ristorante “Le Calandre”. Successivamente, le redini della cucina passano in mano al figlio Massimiliano che, nel 2002, a soli 28 anni, diventa il più giovane Chef della storia ad aver conquistato le tre stelle della Guida Michelin. In sala, a contatto coi clienti, c’è Raffaele, di qualche anno più grande. In mano ai due fratelli “Le Calandre” diviene, in breve, il punto di ritrovo per gli amanti della cucina gourmet in Veneto. L’ispirazione per i piatti caratteristici di Massimiliano viene da un particolare punto d’osservazione del mondo che lo circonda. Una curiosità apparentemente infantile unita a un vivace senso di scoperta. La continua ricerca degli ingredienti esatti va a completare la mistura che forma un grande Chef.
La sala del ristorante è pensata in uno stile estremamente ricercato. Tutto, dai tavoli di legno intagliati a mano ai vetri pregiati per arrivare ai profumi che aleggiano intorno ai clienti, è stato progettato dai fratelli Alajmo e prodotto da maestri artigiani italiani. Il risultato è un’esperienza culinaria multisensoriale che va in scena in un’atmosfera cordiale e naturale.
Ispirato da ingredienti di stagione, il menu è un viaggio nelle visioni dello Chef. Gli ospiti possono scegliere fra 3 menu degustazione: “Classico”, “Max” e “Raf” o decidere liberamente di creare la propria mappa gustativa selezionando piatti singoli dai suddetti menu.
Al fianco dei fratelli Alajmo lavorano il sous Chef Diego Magro e un gruppo selezionato di giovani, aspiranti chef. Lo staff si completa con il maître Andrea Coppetta Calzavara e il sommelier Matteo Bernardi. Gentilezza e professionalità comprovate al servizio degli appassionati più attenti.
“Osteria francescana” a Modena
In via Stella, civico 22, lavora quello che è attualmente il tre stelle Michelin più famoso al mondo. Dopo aver primeggiato, nel 2016, nella classifica dei “50 Best Restaurant” ‒ una sorta di oscar della gastronomia a livello planetario ‒ lo Chef Massimo Bottura si è tolto anche la soddisfazione di essere annoverato tra i 28 creativi più influenti del globo nel particolare elenco stilato dal New York Times. La sua è una cucina concettuale che prende ispirazione da ogni forma d’arte. L’Osteria francescana presenta una cucina a metà tra tradizione e innovazione. Gli ingredienti della terra emiliana sono combinati creando sorprese insolite. Anche la location è inusuale. I clienti sono fatti accomodare ai tavoli e mangiano immersi in un’atmosfera d’arte contemporanea e minimalista di alto design italiano.
Pur essendo uno dei massimi esponenti della cucina molecolare, lo Chef ammette di non credere alle rigorose classificazioni ultimamente in voga. Alla cucina tradizionale, quella creativa e quella molecolare, preferisce la semplice contrapposizione tra “cucina buona” e cucina cattiva”. Ciò che conta, secondo Bottura, è il risultato finale… tutto il resto è tecnica. Condizione necessaria ma che non deve trasparire. La perizia deve restare nelle pieghe del processo produttivo. Ciò che deve emergere nella pietanza impiattata è solo il guizzo di genio che ha ispirato lo Chef nel momento creativo a monte della preparazione. Qui, inutile negarlo, si entra nel campo della spiritualità umana, si cammina in territori della mistica applicata all’arte culinaria. Una tappa indispensabile per la crescita emozionale di ogni essere senziente.
“Enoteca Pinchiorri” a Firenze
Il ristorante è in via Ghibellina 87, a due passi dal Museo di Casa Buonarroti. I proprietari sono Annie Féolde, nizzarda di nascita trapiantata a Firenze, e Giorgio Pinchiorri, sommelier di vecchia data dall’animo artistico e visionario. Nel 1993 arriva la terza stella Michelin. Da allora, il loro lavoro è un crescendo di apprezzamenti nel settore gastronomico a livello mondiale.
Attualmente, la squadra è così ripartita: il milanese Riccardo Monco è l’executive Chef; Alessandro Della Tommasina, toscano, è lo Chef di cucina; ai dolci, c’è lo Chef pasticcere Luca Lacalamita; a contatto con gli ospiti, con un’innata sensibilità, indubbia professionalità e una straordinaria cultura in materia di vino c’è il Direttore di sala Alessandro Tomberli che garantisce un servizio estremamente attento ma mai invasivo. L’atmosfera dell’Enoteca Pinchiorri è il frutto di una sapiente armonia tra le antiche mura del Palazzo Jacometti-Ciofi, elementi di design contemporaneo, quadri importanti e tele toscane dell’Ottocento. L’apparecchiatura è di tipo classico, elegante e accurata. Il ristorante dispone di sale private, sale fumatori e di un elegante cortile cinquecentesco utilizzato nei mesi estivi. La cucina è un laboratorio nel quale le idee prendono forma, le migliori materie prime vengono trattate seguendo sempre la ricerca dell’innovazione nel segno della tradizione locale e territoriale. Ogni pasto è una festa per i sensi.
“La Pergola” a Roma
Il ristorante si trova nel complesso del Rome Cavalieri Waldorf Astoria, albergo di lusso con vista panoramica mozzafiato sulla città eterna, in via Alberto Cadlolo, numero 101. Sotto la guida dello Chef Heinz Beck, “La Pergola” è diventato un tempio della gastronomia internazionale, ancora oggi unico tre stelle Michelin della capitale. Nonostante lo chef sia di nazionalità tedesca, non c’è dubbio che nel suo ristorante si mangi italiano. Tutte le materie prime sono nostrane e trattate con un tocco di leggerezza che rende semplice ogni preparazione. La sua cucina non conosce i confini dell’immaginazione. Guardando le sue creazioni è facile confonderle con opere di food art degne dei migliori scultori contemporanei. Le ricette sono frutto di una minuziosa analisi dei dettagli, ciascun piatto è un teorema in cui i singoli elementi moltiplicano il loro valore all’interno di un tutt’uno perfettamente armonico.
Nello staff, anche Marco Reitano, sommelier pluripremiato che ha ideato due carte dei vini a gioco esclusivo dei clienti più esigenti. Anno dopo anno, il sommelier continua la sua ricerca, scoprendo nuovi produttori e scovando in tutto il mondo le annate migliori, affinché la sua lista sia sempre impeccabile: uno scrigno di tesori inestimabili, un vero capolavoro.
Il “Reale” a Castel di Sangro, in provincia dell’Aquila
Siamo in località Piana Santa Liberata, alle pendici di Monte Spino Rotondo, su un’altura meravigliosa raggiungibile anche in elicottero da Roma e da Napoli. All’interno della più ampia struttura di Casadonna ‒ edificio del XVI secolo finemente ristrutturato ‒ c’è il ristorante “Reale” dello Chef Niko Romito. Tre stelle Michelin guadagnate in un periodo relativamente breve e al riparo dal cianciare mediatico. Lo Chef ha fatto della semplicità il suo tratto distintivo. La sua è una cucina votata alla ricerca del gusto essenziale dei cibi trattati. L’anima della materia prima è il fine cui tendere, il suo gusto primordiale, arrivare al distillato di un sapore per poi reinterpretarlo in funzione dell’impulso creativo. Preparazioni lunghissime, caratterizzano la sua cucina: l’impiego di tanta maestranza in vista di mettere in tavola il piatto perfetto, frutto di un’alchimia di equilibri studiati e di una passione tangibile per il proprio lavoro. Con i prodotti locali della cucina povera abruzzese, al “Reale” si assiste ogni giorno a magie.
La sala, dove si muove un’équipe giovanissima guidata con delicata eleganza da Cristiana, sorella di Niko, è essenziale e pulita. Dalle ampie vetrate entrano riflessi di luce che illuminano materiali naturali. Si prova l’estatica sensazione di essere lontani da tutto eppure al centro di un mondo. Ai vini c’è Gianni Sinesi, premiato come Sommelier dell’anno per la “Guida di Identità Golose 2017”. La sua professionalità va ad aggiungere valore a un’offerta già unica nel panorama gastronomico della penisola. Molto probabilmente è qui il futuro della grande cucina italiana.
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