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Shitstorm: la nuova frontiera della concorrenza sleale fra ristoranti

Si chiama “shitstorm” – letteralmente “tempesta di letame” ‒ ed è una pratica divenuta piuttosto usuale nei meandri del web in cui starnazzano i social media haters. Talvolta sono bande, più o meno organizzate, che nascono al solo scopo di denigrare, bullizzare e infamare una determinata vittima stando certi della relativa impunità garantita dalla mancanza di regole nella normativa vigente.

Dopo le innumerevoli lamentele da parte di parecchi ristoratori in merito ad alcune recensioni false pubblicate su TripAdvisor, stavolta è toccato al Quinoa, rinomato ristorante glutenfree nel centro di Firenze.

shitstorm
Il ristorante “Quinoa” a Firenze

L’odio da TripAdvisor a Facebook

Il mezzo, per certi versi più invasivo e subdolo, è stato Facebook. Sulla bacheca del gruppo Dark Polo Gang777 si è dato il via al massacro mediatico e in poco tempo il rating del ristorante è passato da 4.9 su 5 a 3.6, producendo un danno d’immagine difficilmente riparabile.

«Ieri sera siamo stati vittime di oltre 50 recensioni negative», ammette lo staff del ristorante. «Basta dare uno sguardo per capire come i commenti, molti dei quali pieni di volgarità, siano stati messi ad arte e nulla hanno a che fare con il nostro modo di lavorare».

Pare che in alcuni casi la shitstorm sia stata innescata da concorrenti diretti delle attività commerciali coinvolte. Un ristoratore residente nella stessa zona, ad esempio, potrebbe avere avuto interesse ad armare il casino, qualcuno che lavora sullo stesso target, un meschino che fa riferimento allo stesso bacino d’utenza. Dato il possibile dolo, sarebbe necessaria una maggiore vigilanza da parte degli organi preposti e la costituzione di regole che rendano garantita la certezza della pena. Scongiurare comportamenti del genere, non solo andrebbe a salvaguardare il lavoro onesto e duraturo di molti esercizi commerciali, ma, in tempi da lupi come quelli che ci tocca vivere, sarebbe la base per una convivenza civile.

L’impegno degli organi preposti

In un nota diramata il 30 gennaio 2017, all’indomani dei fatti di Firenze, la Federazione Italiana Pubblici Esercizi (FIPE) fa sapere che “sul tema delle recensioni false su internet il compito di vigilare spetta prima di tutto alle stesse piattaforme e in secondo luogo a realtà come FIPE in rappresentanza degli operatori della ristorazione e dei pubblici esercizi”. Più nel dettaglio, e relativamente alla vicenda del Quinoa, fanno sapere dal FIPE che “a proposito di quanto accaduto a Firenze, la soluzione proposta è una collaborazione congiunta con Facebook per vigilare sulle recensioni false e discriminatorie, sull’esempio della partnership che la Federazione ha già avviato con TripAdvisor e TheFork (piattaforma per le prenotazioni gratuite online)”.

L’obiettivo, tutt’altro che facile, è di circoscrivere e perseguire queste situazioni deprecabili. L’importante è che il diritto di critica non travalichi mai in usi impropri, nella menzogna e nell’offesa gratuita. Per questo bisognerebbe far fronte comune a difesa della legalità e della trasparenza.

«I social media hanno dato diritto di parola a legioni di imbecilli» diceva Umberto Eco. Sarebbe una sconfitta per tutto il genere umano ammettere che il grande vecchio avesse ragione.

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